Ictus cerebrale: maxi-studio scopre gene spia, italiani nel team Stampa

Un maxi-studio internazionale sul Dna di circa 50 mila europei ha permesso di identificare un gene sentinella dell’ictus, una variante che arriva a raddoppiare le probabilità di una delle forme più comuni di “infarto cerebrale”: quella causata dal blocco di uno dei grossi vasi che portano sangue al cervello, responsabile di oltre un ictus su 3. La ricerca, pubblicata sull’ultimo numero di “Nature Genetics”, è promossa dal The International Stroke Genetics Consortium e dal Wellcome Trust Case Control Consortium 2. Coordinato dalla St’George’s University di Londra e dalla Oxford University, il lavoro ha coinvolto scienziati di Europa, America e Australia. Fra questi anche i ricercatori del gruppo Malattie cerebrovascolari della Fondazione Istituto neurologico Carlo Besta di Milano, diretto da Eugenio Parati.
L’ictus è la seconda causa di morte nel mondo e la prima causa di invalidità. Responsabile di almeno un decesso su 10, per un totale di oltre 6 milioni di vittime ogni anno, colpisce una persona ogni 40 secondi. Il nuovo studio, condotto su 10 mila pazienti sopravvissuti a un ictus e 40 mila persone sane, è una delle più vaste indagini di genetica dell’ictus mai condotte finora. La ricerca “inchioda” una variante del gene HDAC9 situato sul cromosoma 7p21. Si tratta di uno dei pochi difetti genetici correlati all’icuts scoperti fino ad oggi: quando la variante è presente in doppia copia, cioè quando viene ereditata da entrambi i genitori, moltiplica di 2 volte le chance di infarto cerebrale. Grazie a questa scoperta, gli scienziati sperano di mettere a punto nuove strategie di prevenzione e di cura. (segue)
Confrontando il Dna di pazienti reduci da un ictus con un gruppo di soggetti sani partecipanti allo studio Procardis presso il Dipartimento di Ricerca cardiovascolare dell’Istituto Mario Negri di Milano, diretto da Maria Grazia Franzosi, l’èquipe del Besta ha confermato che anche nella popolazione italiana il polimorfismo del gene HDCA9 rappresenta un tratto genetico identificativo della patologia aterosclerotica dei grossi vasi.
“L’analisi dei risultati – spiega Giorgio Boncoraglio della Fondazione Irccs Besta, responsabile per la parte italiana dello studio – ha permesso di identificare un nuovo polimorfismo associato all’ictus cerebrale ischemico, in particolare in quei soggetti che sviluppano infarti cerebrali dovuti alla stenosi o all’occlusione delle grosse arterie del collo e della testa, arterie carotidi, arterie vertebrali, arteria basilare”. La scoperta, sottolinea lo scienziato, “apre una serie di possibilità applicative nella prevenzione dell’ictus e nella personalizzazione della terapia”.